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Palazzo dell'acqua Marcia

Palazzo dell'acqua Marcia - Roma

Un ambiente fatto di luce pura. Estese superfici trasparenti consentono ai raggi solari di esplorare ogni angolo. E ciò che si crea è un emozionante gioco di bianco e di nero, di luce e di ombra, di trasparenza e di opacità. Un insieme di forme che si intrecciano tra loro, alcune più dure, altre più morbide. E non un solo suono disturba la quiete di un’immagine tanto bella. Poi, oltrepassando alcuni detriti, scorgo un ammasso di vecchie coperte, stropicciate, strappate, sporche. E tra queste, la pelle di un uomo che dorme. Urto un gradino della distrutta scala mobile e lui si sveglia. Gli domando se posso continuare a scattare altre fotografie e mi risponde con un mugugno, mi dice che non gliene importa nulla. L’odore acre dell’alcool ha invaso tutto l’ambiente ed inizia a darmi un certo fastidio. Passo in un’altra ala dell’edificio. Ci sono vecchi documenti abbandonati, i resti di un piccolo fuoco acceso forse per scaldarsi un po’, poi due letti, pantofole, una vecchia scopa nell’angolo. Ed io immagino le vite che si consumano all’interno di questo edificio tanto nuovo quanto dimenticato. Nuove memorie che si scrivono in silenzio, lontane dagli occhi di tutti. Io le fotografo e le rendo eterne, almeno per me.

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